Emergenza in Calabria

Lavoro o criminalità?

Continua senza via di sbocco l’emergenza sullo sviluppo in Calabria. Secondo gli ultimi dati Svimez, la regione è in testa alla graduatoria europea in tema di disoccupazione. A peggiorare la situazione non c’è nenche parità sugli stanziamenti dei fondi strutturali dell’Ue: al nord andrà il doppio di quanto è stato riconosciuto al meridione d’Italia.

di Bruno Cimino

Roma, 8 dicembre 1999 - Non mi sembra che nei giorni seguenti la notizia apparsa su quasi tutti i giornali e riportata dalle maggiori televisioni europee, sulla disoccupazione in Calabria, che ha raggiunto il 72,3%, ci siano state delle dichiarazioni da parte di chi dovrebbe spiegarci come mai persiste questa situazione. Anzi, nel Palazzo, è stato come se ci fosse stato, di comune accordo, un perentorio "mi raccomando: su questo argomento non alimentiamo alcunchè. Che passi inosservato".
Il dato, fornito dalla Svimez nel suo ultimo rapporto sul Mezzogiorno, è allarmante, poiché rivela che solo tre giovani su dieci, al disotto dei venticinque anni, trovano lavoro. L’impietoso primato è inquadrato tra le sessantacinque regioni più arretrate dell’Unione Europea.
Se nel 1997 il tasso di disoccupazione era del 65,5% ed oggi è peggiorato, superando anche Spagna e Grecia, ciò vuol dire che nulla è stato fatto dall’attuale nostro Governo, né da quello precedente. In un certo senso, per quanto riguarda la Calabria avremmo scoperto l’acqua calda se non si aggiungesse un altro dato: che a fare compagnia a questa Regione si aggiungono, con un 50% di disoccupazione giovanile, la Campania, la Sicilia, la Sardegna, la Puglia e il Molise (le ultime due sono al sesto ed al settimo posto della lista europea).
Per l’Unione Europea, ossia per quella politica il dato è un elemento utile per lo stanziamento di fondi strutturali che si rendono necessari per favorire interventi straordinari alle regioni "bisognose". Invece, per l’opinione pubblica, non solo calabrese, ma anche per chi ha un po’ di sale in testa, questa notizia costringe a riflessioni che portano a comprendere la vergognosa inoperosità dei nostri politici.
Sui fondi strutturali dell’Ue, inoltre, l’altro scandalo è che per i prossimi sei anni, dei 55 miliardi stanziati, ai disoccupati del nord andranno assegnazioni doppie di quanto riceveranno i disoccupati meridionali.
Decisioni così sciagurate vanno ad aggiungersi a pagine già lette e cronache vissute, ma poco considerate. Cio nonostante il grido della denuncia popolare sarà sempre più forte.
Ricordiamo quindi qualcosa. Nel settembre 1990 viene pubblicato il "Rapport établi par la Mission de Coopération et d’Assistance Techniques du Conseil de l’Europe" (in quegli anni sollecitata dalla provincia di Catanzaro), per l’"Assistance technique à la ville de Tropea (Italie)". Lo studio che riguardò anche altre località di sicuro interesse rimase ammucchiato tra "Les éditions du Conseil de l’Europe – Patrimoine culturel, n 26". La lettura di questo documento mette in risalto le numerose cause che sono alla base di un progresso ancora lontano da raggiungere; ovvie le contraddizioni tra la bellezza dei luoghi e la incuria con cui si amministra, inevitabili, alla fine, le valutazione "pessime" sulla qualità dei servizi, specialmente per quelle legate all’industria del turismo. Quale potrebbe essere la risposta sociale ad un atteggiamento politico così deleterio e cosa sarebbe urgentissimo per ridurre le distante dalle intenzioni europee in tema di benessere collettivo? Qualora servisse, tutto è racchiuso in una semplice parola: "certezze", ossia basta con l’indifferenza. Ancora più esplicitamente: dalle intenzioni politiche, alle fasi di programmazione degli inteventi e a porli quindi in essere, non deve trascorre più di una settimana. Altrimenti, altri fatti di cronaca distrarrano attori e comparse dalle priorità già decise.
Nel 1995 del "Rapporto Italia ’95" emerge una preoccupazione drammatica (perché, appunto, si rivelerà attendibile), legata alle vicende partitiche del momento, indicate come la causa principale delle problematiche nazionali ricacciate costantemente all’indietro. Questo rapporto è, per coloro che ne subiscono le conseguenze, un "ricordo
attuale", tant’è che leggiamo: <<Ma il Sud dov’è finito? Non doveva costituire il punto principale di ogni azione di governo, di ogni programma di intervento, di quella azione politica che, soprattutto nell’impegno elettorale, aveva garantito urgenti e tempestive soluzioni?>>.
Sì, un ricordo attuale, subito dopo dimenticato dai governi che vanno e vengono.
Il "Rapporto Italia ‘95" comprende un pò tutta la cronaca e l’opinionistica che da cinquant’anni a questa parte è all’ordine del giorno per ciò che riguarda l’occupazione e l’economia del meridione d’Italia; riportiamo ancora qualche passaggio: <<Il Mezzogiorno si trova dove è sempre stato, in un progressivo, lento, inesorabile declino. Esso simboleggia più che mai questo occidente, terra dell’occaso, del tramonto di una civiltà quasi naturalmente rivolta verso la perdita dei suoi valori, della sua cultura. De Martno scorgeva già i segni di questo disagio culturale quando nel suo "Mondo magico" avvertiva nel Meridione, insieme all’isolamento economico e sociale, il progressivo venir meno della presenza, dell’esserci al mondo>>.
In quegli anni le forze sociali credibilmente sane non soltanto nelle intenzioni, si sono interrogate su questa piaga biblica e le risposte sono niente più che le stesse di oggi: scelte industriali irresponsabili, latitanza del governo centrale e di quello periferico, entrambi rei di favorire opere pubbliche inservibili, aumento delle forme clientelari, insediamenti improduttivi.
Questo era ed è una emergenza continua che porta alle graduatorie Svimez, e che ci svela che non è più sostenibile la teoria di andare a cercare streghe e vagabondi all’interno della popolazione calabrese, lo si è fatto da anni, il risultato è stato o la criminalità o l’emigrazione, che dall’’800 non si è mai fermata. L’unica, sola, indiscutibile irresponsabilità è di matrice politica-partitica, locale, nazionale ed ora anche europea. A livello nazionale è sufficiente seguire con quale mediocrità e lentezza viene affrontato, per esempio, il progetto del Ponte sullo Stretto, per il quale ormai non ci sono più dubbi sulla sua validità in tema di sviluppo e occupazione. Altre note dolenti investono comunque la realtà locale con dossier ricolmi di vergognose iniziative; tra i tanti "legittimi" (sic!) sperperi di denaro pubblico, ricordiamo ad esempio i quattro miliardi di lire che la giunta provinciale di Vibo Valentia ha approvato nel 1998 di concedere (non è un caso isolato) ad Enti, Associazioni, e persone singole. Un’offesa alla gente povera ed alla disoccupazione, sotto gli occhi di presidenti, con la benedizione delle leggi ed in faccia a chi paga le tasse.
Epilogo: la Calabria è una regione tra le tante di questo pianeta che vivono lo stesso dramma con gli stessi problemi, che vanno avanti da secoli; i popoli di queste regioni, dall’età del fuoco al computer, di strada ne hanno fatta veramente tanta, i più a piedi, i meno con i mezzi costruiti dai più. Via via le differenze si sono fatte molto più nette e sono state legalizzate in disuguaglianze di fatto. In sintesi, l’umanità a tutt’oggi è ancora identificata tra giusti ed ingiuti, ricchi e poveri, occupati e disoccupati, padroni e servi. E non è un caso che in queste regioni si registri anche un durevole tasso di criminalità tra i più alti del mondo.
La novità del momento, alla quale ci si chiede la massima attenzione è quella che fra qualche giorno ci vedrà cittadini del nuovo millennio: ognuno ancorato al proprio pilota automatico, inserito da chi ha il mano il potere del comando.
In un’ottica più ristretta, ossia quella nostra, nazionale, il 1 gennaio del 2000 ci sveglieremo insieme ad altri 58 milioni di concittadini i quali vivono in un territorio dove, al momento hanno anche deciso di vivere poco più di 10 milioni di extracomunitari, molti di questi, insieme ad altri italiani, si sono domiciliati sotto i ponti, nelle stazioni e nelle carceri. Ma da Bruxelles Prodi ci fa sapere che la Costituzione per l’Europa dovrà essere assolutamente pronta entro un paio d’anni. Chissà cosa scriveranno in tema di uguaglianza, diritto al lavoro ed alla vita.

 

Redazione Tropea e dintorni

 

 

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