Dal 22 ottobre 2004 le opere del genio olandese in una mostra a Roma

Tropea nell’occhio di Escher

Tra le più interessanti iniziative culturali romane in evidenza una straordinaria esposizione delle  opere del grande artista olandese che soggiornò in Italia dal 1924 al 1935.

 

di Bruno Cimino

Foto Archivio Fondazione Escher

Salvatore Libertino

 

Roma – E’ una iniziativa culturale senza precedenti la mostra dedicata a  Maurits Cornelis Escher ed allestita nei locali dei musei capitolini a partire dal 22 ottobre 2004 sino al 28 marzo 2005.

Il grande artista fiammingo ritorna idealmente nella nazione dove ha vissuto undici anni di intense emozioni artistiche, soprattutto nelle regioni del meridione dalle quali rimase particolarmente “impressionato” per i suoi paesaggi, l’architettura, la natura e per i colori. 

Le 103 opere esposte nelle sale del Palazzo Caffarelli in piazza del Campidoglio ripercorrono tutta l’escalation del lavoro di Escher. Il percorso espositivo inizia con i primi accostamenti alla sua, seppur ancora lontana unicità espressiva, sino ad arrivare ai lavori che sono oggi diventati riferimenti simbolo per i tantissimi ammiratori sparsi in tutto il mondo.

L’arte di Escher non è paragonabile a nessun altra celebrità di cui pure il mondo può vantare dipinti ed incisioni di straordinaria creatività.

E’ difficile per qualunque critico tentare una definitiva stesura sul genio di questo grande artista. Facile è invece andare in estasi davanti ad una delle sue opere perché trasportati in un mondo dove la differenza tra l’immaginazione e la realtà si confonde, anzi si fonde in un’unica rivelazione visiva.

Per dirla con la filosofia le opere di Escher sono come lo shock addizionale di George Ivanovitch  Gurdjieff; per accostare tale genialità alla musica possiamo parlare delle visioni psichedeliche dei Pink Floyd o dei Tangerim Dream; per esplorare eventuali tracce di sentimenti religiosi altro non vediamo se non un karma inarrestabile che nasce e muore e rinasce in un attimo; se ci volessimo soffermare in una corrente letteraria in particolare ciò sarebbe impossibile: M. C. Escher è stato e rimane un mistico libero pensatore senza tempo e senza riferimenti se non d’infinita corrispondenza.

Ed ecco pertanto i paesaggi onirici, puliti, senza difetti della “Forza vitale”, delle “Mani che disegnano” e dei vari “Giorni della Creazione”. Ecco le arabesche incisioni senza origine e senza fine della “Metamorfosi”. Ed ecco le dualità che contraddistinguono la vita e l’essere umano in tutte le sue espressioni: “Salita e discesa”, “Pesci e squame”, “Relatività”. Stampe, dipinti e xilografie sono percepiti dai cinque sensi corporali e inondano chakra e spirito di straordinari contenuti che squarciano realtà altrimenti inconcepibili. 

Siamo d’accordo e non sappiamo se siamo i primi a dirlo che le opinioni su Escher sono come il suo genio artistico, ossia illimitate. Pertanto non ci stancheremo mai né di leggere né di scrivere nuove ispirazioni suscitate dalle sue opere. Ci piace, comunque, in queste poche righe, circoscrivere il nostro punto di vista sui disegni dedicati alla Calabria le cui visioni vanno oltre il valore artistico perché testimoniano tracce di storia sociale ed economica ancora fresca nei ricordi dei nostri padri. Cosa spinse Escher ad avventurarsi sino a Pentedattilo passando da Tropea rimane un mistero per chi non capisce che la ricerca di ciò che non sappiamo è una condizione speciale riservata solo ai grandi geni. Quando oramai lontano dall’Italia viveva a Ukkel in Belgio dove soffriva perché la luce grigia del paese non gli dava la giusta ispirazione per creare, queste furono le sue parole: “Le apparenze del paesaggio e le architetture non mi colpirono quanto la parte meridionale d’Italia”.

In Calabria viaggiò in lungo e in largo insieme a Roberto Schiess e a Jean Rousset, compagni di un discreto spessore culturale. Visitarono Pizzo, Tropea, Pentedattilo, Fiumara, Santa Severina, Rossano, Stilo, Crotone, Scilla, Mèlito, Palizzi, Rocca Imperiale.

Era primavera inoltrata quando a Tropea salì sull’Isola Bella e da lassù rimase estasiato dallo splendido panorama che si aprì davanti ai suoi occhi. Il suo sguardo spaziò nel mare aperto, abbracciò tutto, dalla punta di Zambrone alla spiaggia del Cavaliere e oltre, decise di soffermarsi sui particolari della rupe dove le case tropeane si affacciano in un mare limpido e azzurro. Quella rupe decise di immortalarla tra i suoi ricordi di Calabria. Il momento fu fotografato dall’amico R. Schiess.

Ovunque andarono i tre amici non sempre ricevettero una accoglienza di immediata ospitalità, ma i tempi erano quelli che erano …  In ogni luogo dove sostarono riuscirono, comunque, ad accattivarsi la simpatia della gente. Per citare un aneddoto fu alla stazione ferroviaria di Spezzano Albanese che il suono della cetra tirolese di J. Rousset attirò l’attenzione di alcuni cittadini e quella del capo stazione. Costui era talmente preso dalla musica e dalla danza che aveva improvvisato che dimenticò di dare il segnale per la partenza del treno se non con molto ritardo. 


 

Redazione gazzettino 
    di Tropea e dintorni

 

 

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